Storie di vita
Questa pagina è dedicata a tutti coloro che hanno assaporato la vita dei "piccoli" Chiunque abbia foto e aneddoti da raccontare sarà il benvenuto su questa pagina, inviate le vostre storia via mail o, se preferite, pubblicatelo su www.betasom.it
IL SMG. E.DANDOLO "IMPRIGIONATO IN UNA RETE DA PESCA"
Sembra il titolo di un film, ma è realmente accaduto. Correva l'anno xxxx, regolarmente in navigazione a quota periscopica, In Alto Ionio, con mare 2/3. Mentre era in corso la mensa serale ad un tratto il moto del battello in avanti sembrò fermarsi da qualcosa proveniente dall'esterno e successivamente percepimmo un violento strattone. Immediatamente, il C/te diede l'ordine di emersione e di fermare la propulsione. L'Ufficiale di guardia salì in plancia ed appena aprì il portellone si rese subito conto che eravamo imprigionati da prora a poppa da una grossa rete da pesca. Il buio serale e le condimeteo pessime non erano certo a nostro favore. Dalla plancia scendemmo giù in coperta io ed i miei due nocchieri: Puglisi e Scala. Attrezzati di cintura di sicurezza e coltelli, tagliammo più rete possibile e contemporaneamente cercammo di recuperarla a bordo, evitando di farla arrivare all'elica di propulsione. Dopo qualche ora di continue "scoppole" prese dalle onde del mare, riuscimmo a liberare dalla rete il battello e così potemmo continuare imperterriti la nostra navigazione.
Antonino.
IL TIROCINIO
Ogni membro dell'equipaggio deve conoscere il battello su cui imbarca e lo fa passando "di mano in mano" tra tutte le componenti dell'equipaggio, mediamente in un periodo della durata di 3 mesi. Questo periodo si chiama "tirocinio" e ogni tirocinante doveva compilare un quaderno dove riportare quanto gli veniva spiegato che doveva quindi conoscere. Questo è il quaderno di Capo Muò, nostromo del Toti nei primissimi anni di attività del battello, un documento prezioso sia per i dati riportati che per il periodo in cui è stato compilato, quando i battelli erano ancora tutti da "scoprire".
Quaderno SSK506
Nota: il file ha una dimensione di circa 611MB
www.delfinidacciaio.it ringrazia la famiglia Muò per avere permesso la pubblicazione
IL MIO ARRIVO A MONFALCONE
Arrivai a Monfalcone poco dopo l'estate del 66, proveniente da Marinarsen Messina,e ancora oggi non so il perché.
Ero fidanzato, allora, con una ragazza di origine siciliana che però abitava da anni a Genova e che sarebbe poi diventata mia moglie, che avevo conosciuto a Messina in casa di amici. Quel trasferimento non lo capii, mi aspettavo La Spezia, ma Monfalcone sapevo appena dove fosse.
Navalgenarmi era situato in un'ala del cosidetto "albergo impiegati" che da anni fungeva per foresteria per tecnici ed ospiti da fuori dei Cantieri dei Cosulich.
Al mio arrivo in ufficio, fui accolto da un clima abbastanza ostile, con freddezza, i saluti al nuovo arrivato furono appena appena formali.
Seppi qualche mese più tardi, quando il gelo si squagliò, il perchè; la sezione AN era stata retta da un tenente di Taranto, il quale era ben visto da tutti gli impiegati e che stava per sposarsi con una ragazza di Monfalcone e che MAMMA MARINA, forse pensando ad un suo avvicinamento, aveva trasferito a Taranto!!
Ricordo quando presi "visione" della forza operativa della sezione AN, il capotecnico si chiamava Crise ed era un buon Triestino, poi vi erano tre operai collaudatori che avevano sede nella stanza dedicata alla sezione in un edificio destinato alla MM assieme agli operai della sezione GN. Non ricordo tutti i nomi, troppo tempo è passato (io sono del 1941)!!!
Più o meno un'anno dopo mi mandarono un sottordine, Il sig. Crise era venuto a mancare, ed arrivò il STen. Franco De Vivo, Triestino, che se non ricordo male a breve fu trasferito.
Roberto.
ESERCITAZIONE NOTTURNA CON IL LANCIO IN SUPERFICIE DI UN SILURO CONTRO UN BERSAGLIO
Quando Davide sconfisse Golia
Ottobre 1971, Augusta, smg Lazzaro Mocenigo
Siamo in procinto di uscire per una esercitazione NATO nel Mar Ionio. Assemblea in banchina, il comandante ci spiega per sommi capi la missione; posto di manovra, mollati gli ormeggi si punta verso il mare aperto, raggiunta la posizione prevista, immersione e rotta verso la zona che dobbiamo pattugliare e dove dovrebbe passare la squadra navale avversaria. Dopo circa dodici ore di navigazione, in parte a quota snorkel, ci posizioniamo nell'area assegnata, a 80m. di profondità in assetto costante e stiamo in agguato con tutti gli apparati di ascolto attivati. Verso le ore quattro del mattino si cominciano a sentire rumori di eliche in superficie in avvicinamento. Stanno emettendo impulsi sonar per localizzarci, il nostro comandante ordina l'assetto silenzioso, vengono spenti tutti gli apparati non necessari e neanche si deve camminare. Il nostro capo A. S. (un vero asso nel suo compito) con voce calma dà i dati delle navi alla camera manovra: velocità, direzione, tipo di propulsione, ecc. Dopo un certo tempo le sentiamo allontanarsi, poi all'improvviso il capo A. S., con voce un po' più eccitata comunica alla manovra: - Bersaglio in arrivo, elica pesante, giri 120, probabile portaerei.
Il comandante mi si rivolge con tono deciso: - Timoniere, timoni a salire quota periscopica - aggiungendo - se esci con più di venti centimetri ti sistemo io.
In navigazione si creano spesso delle coppie affiatate, io mi trovavo benissimo con il capo motorista che era addetto alla tastiera assetto, bastava solo un cenno tra noi e ci capivamo subito su come governare al meglio il battello.
Risaliamo lentamente e a circa venti metri comincio a scontrare i timoni orizzontali, viene azionata la leva e il periscopio esce dalla torretta, ci fermiamo con il periscopio giusto a venti centimetri sopra la superficie di un mare calmo come l'olio. Il comandante (per darmi soddisfazione) mi dice - Molla dieci secondi il timone e vieni a guardare. Con un balzo sono al periscopio e resto a bocca aperta: mi vedo sovrastare da una montagna di ferro grigio. impressionante! Ritorno ai timoni. Il comandante, con il telefono subacqueo, chiama la portaerei avversaria (Kennedy, 80000 t. di dislocamento) dando il codice identificativo, ordina al capo silurista di lanciare una fumata, ammaina periscopio, timoni a scendere quota 90m, avanti tutta. Ritorno delle navi di scorta della portaerei, ricerche con il sonar a tutto campo ma non ci hanno individuato.
Festa a bordo.
Al rientro ad Augusta, in banchina ad aspettarci c'è il comandante dei quattro "Toti" (io ero ai timoni verticali di manovra ma mi è stato riferito da chi era in coperta che appena sbarcato il comandante si sono abbracciati). Da radio bordo ho saputo che il nostro è stato chiamato a Napoli al comando NATO.
Per noi è stata una soddisfazione ed un orgoglio enorme, con il nostro piccolo "sigaro d'acciaio" avremmo affondato una grande portaerei facendo perdere inoltre le tracce alla loro scorta.
S. c. E. m. Gianni Barollo, timoniere orizzontale e di manovra.
ESERCITAZIONE NOTTURNA CON IL LANCIO IN SUPERFICIE DI UN SILURO CONTRO UN BERSAGLIO
La Spezia, maggio 1971, smg Lazzaro Mocenigo.
Il tipo di siluro che verrà lanciato è il G7e munito di dispositivo di ascolto idrofonico. Procediamo all'imbarco del siluro in banchina, si appoppa il battello finché il portellone del vano siluri esce dall'acqua, precedentemente era stato montato un sistema di tubi per predisporre la slitta per l'entrata del siluro nel tubo di lancio. Il capo silurista aveva attirato la mia attenzione mentre stava regolando una elichetta che fuoriusciva dalla superficie del siluro di pochi mm., la quale, girando con la corsa del siluro, con un sistema di coppia conica, sfilava uno spillo che attivava il dispositivo di ascolto idrofonico del siluro.
Si esce verso sera, ci portiamo in zona dove un rimorchiatore sta trainando un bersaglio, oggetto del nostro lancio. Il siluro era munito di una lampada accesa che, dopo il lancio, guidato da quella luce, il rimorchiatore poteva recuperarlo.
Arrivati in zona (io ero ai timoni verticali) viene effettuato il lancio verso il bersaglio, il comandante è in torretta con altri quando sento dall'interfono un ordine secco dalla torretta: -Macchine indietro! Tutta la barra dritta! - dopo un po': -Tutta la barra a sinistra! Macchine avanti e via così!. Una serie di ordini concitati che non riuscivo a spiegarmi. Cosa era successo? Il capo silurista aveva sbagliato a regolare il meccanismo, il siluro si era attivato prima del previsto e invece di sentire il rumore del bersaglio aveva acquisito il nostro e ci stava inseguendo. Per fortuna la luce indicava la posizione e così, con parecchie manovre si è riuscito ad evitare la collisione. Naturalmente il capo silurista si è preso una solenne arronzata.
Cose che capitano...
S. c. E. m. Gianni Barollo, timoniere orizzontale e di manovra.
ESERCITAZIONE MANCATA CON GLI INCURSORI DI VARIGNANO
La Spezia, febbraio 1971, smg Lazzaro Mocenigo.
Sono di guardia in banchina (turno diana), sono le ore 14, il cielo è nuvoloso, pioviggina e spira un vento freddo, il smg. dondola cullato dalle corte onde vicino alla banchina. Ho ricevuto l'ordine dal capoturno di controllare spesso gli ormeggi: c'è sempre il pericolo che, con il movimento del smg qualche cima si allenti. Sto tornando dalla mia ispezione a poppa verso la garitta, quando vedo avvicinarsi alla banchina un mezzo militare dal quale scendono marinai in tuta mimetica (un ufficiale e altri graduati). Saluto e dico di attendere, scendo a bordo e chiamo il sottufficiale di guardia che sta leggendo un giornalino sdraiato sulla branda del comandante in seconda (era usuale, durante i turni di guardia, dormire sulla branda del comandante in seconda perché non la si doveva estrarre e, in più, aveva una tendina per. privacy). Lui sapeva che sarebbero arrivati degli incursori da Varignano per una esercitazione notturna congiunta. Risalgo in banchina e vedo che stanno scaricando materiale, gente di poche parole: ognuno sa cosa deve fare. Mi sorprende il loro atteggiamento così. "militare", molto lontano dal nostro.
Dopo circa un'ora, alla spicciolata, arriva l'equipaggio e il comandante in seconda parla con l'ufficiale degli incursori. Chiedo al capo A. s. cosa stia succedendo, mi spiega a bassa voce che verso sera usciremo in mare e faremo una azione di commando con gli incursori, emergeremo di notte vicino ad un bersaglio, gli incursori sbarcheranno e, su un canotto (ecco il materiale che avevano scaricato) andranno a minare il bersaglio, poi rientreranno a bordo (se tutto andrà bene, cioè se non verranno scoperti).
Breve assemblea in banchina: ci spiegata l'operazione. Tutti a bordo, si mollano gli ormeggi e si parte. Si esce in mare che è molto mosso, oltrepassiamo l'isola Palmaria, poi il Tino e il Tinetto. Si predispone il smg all'immersione, sgombrata la plancia, chiuso portello e contro-portello, due fischi, ordine del comandante: timoni a scendere quota 40 con rotta verso l'area dell'esercitazione. A bordo ognuno è al suo posto, l'equipaggio è diviso in due squadre: una di guardia e l'altra in branda, si naviga per circa quattro ore, verso le 23 (io sono di riposo in branda) si sente un grosso colpo che mi sveglia di soprassalto, sento dalla camera manovra voci concitate: - Macchine indietro - secondo colpo (prima che si riesca a far retrocedere il battello), poi: -Aria alla rapida. Resto seduto in branda senza rendermi conto dell'accaduto. Vedo nel piccolo corridoio fra le brande l'aiuto cuoco cadere in ginocchio alzando le braccia e dire: - Addio congedo!
Riemergiamo in superficie a pallone, veloce controllo di eventuali danni. Rientro, operazione sospesa.
Cosa era successo? L'ecoscandaglio era andato in avaria, secondo le carte nautiche dovevamo avere un fondale di 70m ma nell'avvicinarci al bersaglio a lento moto una forte corrente trasversale ci aveva scarrocciato in fondali meno profondi della quota di navigazione.
Ricordo ancora in modo limpido l'espressione degli incursori, ritornati in porto uno di loro mi disse in disparte: - Ora capisco perché prendete l'indennità rischio più alta di tutti!
Il battello fu portato al bacino di carenaggio per controllo e sistemazione parti danneggiate. poi via di nuovo per altre missioni.
S. c. E. m. Gianni Barollo, timoniere orizzontale e di manovra.
Il guardone
Negli anni "70 il Secondo Gruppo Sommergibili aveva seda ad Augusta e contava su quattro battelli, praticamente tutti i classe Toti.
Spesso e volentieri, al rientro dalle missioni operative o dalle esercitazioni, prima di entrare in porto, i comandanti si fermavano per qualche ora alla fonda di fronte a punta Izzo. Questa consuetudine era più frequente nel periodo estivo in quanto a punta Izzo si trovava (e si trova tutt'ora) lo stabilimento balneare della Marina in cui trascorrevano le loro giornate quasi tutte le famiglie dei componenti gli equipaggi.
Durante queste soste molte barche, pattini, pedalò, canotti e materassini vari si avvicinavano al sommergibile un po' per legittima curiosità ma anche per salutare un parente o un amico imbarcato e, magari farsi invitare a bordo per un caffè o un drink.
Ovviamente la guardia non veniva abbassata. Il battello era comunque in mare e si doveva vigilare sulla sua sicurezza. Una squadra di guardia di quattro o cinque persone vigilava nei locali ed al periscopio mentre tutti gli altri si rilassavano in coperta e magari si concedevano un bel bagno di mare attorno allo scafo.
Quel giorno, alla fonda a punta Izzo, era di guardia al periscopio il giovane sergente Ferri (nome di fantasia). Il giovanotto si stava annoiando: era lì già da due ore e non faceva altro che scrutare l'orizzonte monitorando e tenendo sotto controllo navi, pescherecci, motoscafi e imbarcazioni di ogni genere che entravano ed uscivano dal porto senza minimamente avvicinarsi al sommergibile. Non costituivano certo un pericolo. Saltuariamente orientava il periscopio verso lo stabilimento balneare curiosando nella vita dei bagnanti e nelle loro attività vacanziere.
Durante una di queste osservazioni il suo occhio venne attratto da una visione celestiale: una stupenda creatura alta, bionda, aggraziata il cui corpo dalle curve perfette era fasciato da un ridottissimo bikini che contribuiva a far risaltare le già notevoli qualità sensuali. Mentre la donna usciva dall'acqua al giovane sergente passarono per la mente le immagini di Ursula Andress quando appare in costume a James Bond. Una visione mozzafiato.
Il povero sergente, probabilmente digiuno da molto in quanto a rapporti con l'altro sesso e preda dei suoi naturali istinti ormonali, era particolarmente rapito dalla visione e nell'eccitazione del momento lanciò un grido entusiastico all'indirizzo del suo comandante.
"venga a vedere, Comandante. Venga a vedere che gran pezzo di femmina ho inquadrato." Eccitatissimo continuava a seguire la donna col periscopio in attesa che il suo Comandante si decidesse a lasciare le sue occupazioni per guardare la sua scoperta.
Il Comandante, con olimpica calma, dopo aver concluso la lettura del documento che lo stava impegnando, si alzò dalla sua sedia e, dopo aver scostato il sempre più eccitato sergente, iniziò la sua osservazione periscopica. Guardava e non parlava. Guardava e seguiva la donna ruotando lentamente lo strumento . e non parlava.
Il sergente pensò che fosse rimasto folgorato da tale visione e si lanciò in commenti secondo lui adatti alla situazione "porca vacca !! quanto mi piacerebbe conoscerla e percorrere tutte quelle curve perfette. E' proprio il tipo di donna dei miei sogni più erotici ." e non mi dilungo con i commenti irripetibili sulla serietà, la disponibilità e la sessualità che il sergente attribuiva alla donna.
Il Comandante finalmente si staccò dal periscopio e, secondo il sergente non aveva quell'aria estasiata che si aspettava da lui.
"Allora, Comandante, cosa ne pensa ? Ho ragione ? E' una bella sventolona ? Varrebbe la pena di avvicinarla e provarci, no ?"
"Ma certo, Ferri. Hai proprio ragione. Io me la sposerei anche. Ma una così figurati se è libera. Sarà certamente già sposata. Comunque se vuoi vieni domani alla spiaggia che ti presento la sventolona . è mia moglie !"
Rudy Gastadisegni
L'Alalunga
Non ricordo l'anno che correva ma ricordo che eravamo in navigazione nel Tirreno all'altezza di, più o meno dell'isola d'Elba, in navigazione di superficie perché in trasferimento a La Spezia. Nella mattinata incrociammo un peschereccio che passandoci vicino chiedemmo all'equipaggio se avessero del buon pescato, questi ci passarono due belle alalunga (della famiglia dei tonni) che barattammo con un po di pittura. Il cuoco di bordo simpaticamente soprannominato "Pepe uzzuzzuso" e Rafè Esposito caposiluro e ottimo cuoco per passione, si dettero da fare a pulire e tranciare in tozzetti questi mirabili pesci freschissimi che vennero subito infarinati e fritti, cosa che a bordo era severamente vietato fare, la frittura, ma visto che eravamo in superficie venne fatta deroga a questa interdizione e già alla 1^ mensa il succulento piatto venne servito a tavola con gradimento di tutti i commensali.
Ebbe fine la prima mensa e già la seconda volgeva al termine quando qualcuno dei primi cominciava ad avvertire dei doloretti addominali e il wc cominciava a svolgere il suo lavoro, purtroppo figlio unico il wc, come sappiamo noi totiani, intanto fuori di questo, vicino al banco a pulpito cominciava a formarsi la fila in attesa della sospirata seduta che una volta fatta ci si rimetteva in coda per il riutilizzo. Chi ancora non avvertiva nulla derideva e beffava i primi malcapitati ignorando che da li a poco anche loro sarebbero nelle medesime condizioni. I sintomi di questo malessere erano: fortissimo mal di testa, dolori addominali, dissenteria e nausea, qualcuno l'ebbe ancora peggio con l'aggiunta di febbre e perdita dei sensi con convulsioni deliranti (per chi c'era, vedi C° Papi).
Intanto qualcuno che non ha resistito al turno interno per il wc fuori bordo attaccato con le mani alla draglia, esplicava i propri bisogni in mare. Stava succedendo qualcosa di terribilmente preoccupante in quanto tutti stavamo male e l'unico che non accusava nulla di tutto questo era, niente e poco di meno che... "Peppe uzzuzzuso", c'era chi cominciava ad additarlo già come avvelenatore per vendetta chi cercava di difenderlo chi voleva farlo fuori inseguendolo armato di coltello o simil-manganello o quanto meno menarlo di santa ragione, mentre lui continuava piangendo 'poveretto' a difendersi dicendo che lui non ha mangiato il pesce perchè in generale non era mai stato nella sua dieta in quanto non gli piaceva, ma vaglielo a spiegare a tutti e in quelle condizioni per giunta.
Siccome ero in radio e con il C/te al fianco anche lui, in bandana stretta alla fronte peer il martellante dolore, collegati con il Centro Internazionale Radio Medico di Roma dopo vari scambi di messaggi per spiegare ciò che ci era successo, tutto questo in morse si comunicava così allora con il Cirm. Dopo vari scambi d'informazioni alcuni anche curiosi che non sto a dire, ci venne consigliato di stare quanto più possibile all'aria aperta (curioso per un sottomarino), bere delle bevande gassate e continuare ad andare al bagno quanto possibile perchè i sintomi erano da intossicazione, era il massimo che si poteva fare in quanto a bordo medicinali appropriati non esistevano, a parte che delle semplici compresse per il mal di testa e del siero antivipera che li a bordo poteva senz'altro servire, forse per le alte quote.
Comunque dopo varie evaquazioni e peripezie per tenere a freno i più focosi che volevano giustiziare "Peppe uzzuzzuso" e cercare di cambiare i fazzoletti bagnati sulla fronte di qualcun'altro che stava molto peggio che delirava e piangeva, il giorno successivo la navigazione ebbe termine con l'arrivo in porto a La Spezia. Uno spettacolo si presentava in lontananza ai nostri occhi si vedeva sotto l'orologio del dragaggio la nave Filicudi dove noi del Toti dovevamo attraccare da una parte, dall'altra il Dandolo era li, tutta la fiancata della nave addobbata con della carta igienica da prora a poppa e fin sulla plancia che i nostri colleghi amici simpaticoni del Dandolo festosamente e allegramente avevano laboriosamente preparato per la simpatica accoglienza.
Un'ambulanza li in attesa del nostro sbarco per trasportare in ospedale qualcuno più grave ed effettuare qualche prelievo di sangue a campione per il successivo esame e il tutto finì per fortuna bene in modo da poterci ricordare e ridere nel tempo. Ci venne riferito alcuni giorni dopo che l'accaduto era dovuto alla troppa freschezza del pesce e che sarebbe stato meglio lasciarlo frollare in frigo qualche tempo prima del consumo, io sinceramente c'ho creduto poco, comunque raccontiamo anche questa farsa finita bene.
Luigi Beniamino Colella
Storia di vita a bordo
Sul Toti c'è stato un periodo nel quale si sono ritrovati 5/6 anziani + il Comandante che amavano intensamente giocare, durante il tempo libero, al "Quintiglio". Gioco di carte che di solito veniva effettuato subito dopo le mense, (attività permettendo), con la gente più scaltra ad accapararsi il posto e ricordo che spesso rimaneva in piedi, per una frazione di secondo, un anzianissimo Capo Ecg il quale ogni volta ci rimaneva male, pronunciando la solita frase: "Così non si fa" e si rinchiudeva nel locale ecg.
Si giocava anche durante la notte, mentre gli altri riposavano nel locale C.L. al buio, ci si organizzava con una lampada rivolta verso gli armadietti, cercando di parlare a voce bassa per non disturbare troppo la Squadra che dormiva.
Ricordo che il Comandante non aveva tanta esperienza nel giocare a quintiglio e in caso di errori veniva "arronzato"! fino a che non ha acquistato la padronanza del gioco.
Spesso ho riflettuto sul motivo che teneva noi anziani svegli a giocare con le carte, si trattava della voglia di continuare a stare vicino l'uno con gli altri con alto senso di cameratismo, di solidarietà e allo stesso tempo di responsabilità perchè consapevoli che al termine delle partite saremmo montati di guardia pronti ad intervenire in eventuali emergenze che richiedono idee chiare e decisioni immediate.
Francesco
Partita di calcio
Allora come oggi lo sport e la goliardia sono alla base del buon vivere degli equipaggi, cementa la loro amicizia e incrementa lo spirito di corpo. Lo scambio di "gagliardetti" di questa bella foto risale a una partita di calcio effettuata ia prmi anni 70 tra gli equipaggi di Toti e Bagnolini, con ben quaranta giocatori in campo (20+20).
c.te Rura dal gruppo Facebook Enrico Toti il Sottomarino
Doni agli indigeni
c.te Rura dal gruppo Facebook Enrico Toti il Sottomarino
Il periscopio del Bagnolini
Sono andato a Muggia, una nota cittadina vicina a Trieste per la costruzione di navi nel passato (cantiere San Rocco). Aveva un bacino di carenaggio (che non esiste più). Nel bacino era il "Toti" ancora a secco. Sono andato ad ispezionare la situazione della scafo (pitture, anodi e stato della carena) perché il battello era pronto per le prove in mare.
Quindi, trasferimento del "Toti" a Monfalcone portando a bordo anche tecnici ed operai che rientravano in cantiere. Tutti in "manovra" fuori si può scivolare in mare. Dalla scaletta che va dal locale manovra in garitta e plancia in vela, scendono uno alla volta le persone che viaggeranno col "Toti", per circa trenta chilometri via mare e sbarcheranno direttamente in cantiere.
Dal foro nel soffitto del locale manovra si vedono prima le scarpe, poi i pantaloni ed a sezioni il resto della persona che scende un gradino alla volta la scaletta verticale.
Ad un tratto appaiono scarpe bianche che attirano l'attenzione di tutti. Chi viene in bacino di carenaggio con le scarpe bianche?.......un momento, le scarpe hanno il tacco alto e le femmine non sono ammesse a bordo (1968).
Poi spuntano i pantaloni pure bianchi. Un gradino alla volta i pantaloni appaiono eleganti.
Quando l'orlo della garitta arriva alla cintura non lascia dubbi. E' femmina! poi una criniera biondissima. Giovane e bella. Era un ingegnere svedese, della fabbrica che ha fornito i convertitori statici. Erano più rumorosi dei rotativi, e di parecchi decibel.
Errore enorme. Sono stati ordinati convertitori statici con l'illusione di togliere il rumore delle macchine rotanti con strumenti fermi.
Invece i convertitori fissi erano peggio dei convertitori rotanti almeno per il rumore.
Oggetti da sbarcare in velocità soprattutto senza avvertire chi ha in carico l'impianto di climatizzazione ambientale, che non ha l'esclusiva sui rumori, ma sul calore deve essere informato anche sul numero di calorie in emissione, per provvedere di conseguenza ed apportare le dovute modifiche all'impianto di ventilazione refrigerata. Non ho avuto alcuna segnalazione.
Sono cose che accadono ma il risultato è una conseguenza. Il calore era così forte che il posto del letto del comandante nelle vicinanze sembrava un forno. Io ho avuto questa informazione leggendo i post di Betasom.
Leggendo il libro "Delfini d'acciaio" del nostro Dir. Totiano, che descrive ampiamente l'interno del "Toti", apprendo che il convertitore statico è stato sostituito da rotanti che producono tanto calore in più. Ora capisco perché la zona della cuccetta del comandante era tanto calda, che a me non risultava, in quanto il collaudo dell'impianto di condizionamento era stato fatto con tutto in moto.
Non solo i Diesel, anche il motore di propulsione al minimo. Il collaudo l'ho organizzato e condotto io perché il cantiere non era a conoscenza delle metologie di questi impianti allora nuovi. Il battello era ormeggiato. Le apparecchiature che non erano presenti sono state simulate con "stufe" elettriche, apportanti il calore simile a quello reale ed il convertitore statico, lo ricordo bene, era rumorosamente in moto. L'angolo della cucetta del comandante aveva la stessa temperatura del resto del battello.
E' stato un errore grave non capire questa necessità ed attribuire all'impianto di condizionamento la colpa dell'inefficienza. In immersione un compressore frigorifero era fermo. La modifica era facile da realizzare e la potenza frigorifera era disponibile,
Ma nessuno mi ha informato di questo problema per rimediare.
Varo5 dal forum www.betasom.it
Il periscopio del Bagnolini
...Apprendo anche che il pericopio (almeno quello!) è in salvo a Carmagnola! Se non è stato mai sotituito (credo ci fosse un solo ricambio per tutti e quattro). Quel periscopio ha una piccola storia. Dislocato temporaneamente a La Spezia per prove di lancio del famoso siluro filoguidato "Canguro", il Bagnolini fu infine richiamato a Taranto; sulla via del ritorno dovevamo partecipare ad una esercitazione NATO raggiungendo una zona di agguato al largo di Augusta, la rotta per arrivarci prevedeva il transito, già in stato di esercitazione, a sud della Sicilia, percorso non agevole perchè nel Canale le "zone rosse", quelle cioè, dove si presumeva potessero esserci ancora mine della 2^G.M. erano numerose e contigue, ed in esse era proibita la navigazione in immersione. Passai ugualmente in immersione tenendomi sottocosta, ma durante una breve osservazione periscopica per rifasarmi su Capo Granitola, mi accorsi che il periscopio (i Toti come noto ne possedevano UNO SOLO!) si stava allagando. Avevo a bordo come Direttore di Macchina l'indimenticanile Duilio RANIERI, Direttore di Riserva del 2° Gruppo, che sostituiva il titolare, TV(GN) Moreno Molinari, alle prese con gli esami da maggiore. Duilio ebbe l'idea di essiccare l'interno del periscopio con una apposita pompa, effettivamente prevista allo scopo, ma da impiegare con il battello in superficie. Noi invece, per non farci "beccare" dai BLU (eravamo ovviamente del partito rosso, in seguito ribattezzato per pudore arancione...) proseguimmo in immersione tenendo il periscopio semisollevato per poter mantenere fuori dal pozzetto le altrimenti irraggiungibili prese di aspirazione. Ciò, naturalmente faceva lavorare male la tenuta del periscopio stesso, con conseguente pioggia continua in Camera Manovra, necessità di svuotare il pozzetto ed altri inconvenienti. Nonostante questo estremo tentativo, durato tutta una notte, all'osservazione successiva vidi si l'acqua del mare, ma dentro l'oculare. Non mi rimase che emergere ed alzare in vela il segnale di "smg. fuori esercitazione"; dopo pochi minuti un Neptune mi sorvolava... Seppi poi che la portaerei americana, nostro principale obiettivo, era transitata proprio nel quadratino assegnato al Bagnolini! Il resto del trasferimento fino a taranto, in superficie, non fu una scampagnata: Suillace, come noto, non tace...
Vezio VASCOTTO da Aria alla rapida nr. 57
Il fantasma del mare 2
Quando il Toti era prossimo alla consegna, vado a bordo per il collaudo dell’impianto di condizionamento dell’aria.
Tutto è già stato organizzato. A bordo sono già diverse persone operative più quelle "comandate" per fare 25 presenti (riscaldano gli ambienti pure quelli), i motori Diesel sono in moto ed aspirano dallo Snorkel con i portelli chiusi. Caricano la batteria e movimentano il motore di propulsione per far girare l’elica quel tanto che tengono gli ormeggi. Il resto tutto in funzione per simulare la navigazione in superficie con il sole che scalda il dorso del battello fuori dell’acqua.
Dopo un paio d’ore il battello è a regime, un giro d’ispezione e tutto va bene, si iniziano i rilievi di rito. Nel pomeriggio inoltrato, con piena soddisfazione dei risultati ottenuti, si ferma tutto e si conclude liberando tutti gli intervenuti.
Non si fanno collaudi per la navigazione profonda, perché il carico termico è molto ridotto. I notori termici sono fermi, l’aria di ricambio esterna da raffreddare e deumidificare è chiusa, se il motore di propulsione spinge il battello a quattro nodi fa ben poco calore. Il calore da dissipare con l’impianto di condizionamento in immersione è ben limitato. Praticamente solo le persone e le apparecchiature. La temperatura interna si mantiene a 25 gradi centigradi che è notoriamente la più gradita. L’impianto di condizionamento dell’aria in immersione ha un compressore frigorifero fermo e l’altro in situazione parzializzata per mantenere la detta temperatura interna. In altre parole in immersione avanza una notevole potenza frigorifera inutilizzata.
Il personale di bordo che ha capito la situazione, ha manualmente posto il termostato del condizio-natore a fondo scala consentendo ai compressori frigoriferi di restare in funzione entrambi automaticamente in immersione. La temperatura interna del battello è scesa da 25 a 20 gradi. Il battello non emette più calore verso il mare che ha la stessa temperatura o più alta.
Il battello così diventa pressoché invisibile all’infrarosso. Con almeno 20 anni di anticipo, gli ufficiali GN dei Toti hanno inventato le "navi fredde".
I quattro battelli sono uguali e perché il "fantasma del mare" è divenuto il Bagnolini e non il Toti?
Ritorno ai miei ricordi. Finito il collaudo dell’impianto di condizionamento del Toti e mi trovo con il direttore di macchina del Bagnolini, che ha saputo il numero di frigorie misurato sull’impianto frigorifero del Toti. Si vanta con me che l’impianto di condizionamento del Bagnolini funziona meglio di quello del Toti ed i compressori frigoriferi sviluppano 4000 frig/ora in più.
Evidentemente, per una messa a punto migliore dei suoi compressori frigoriferi, il direttore di macchina (che purtroppo non ricordo il nome) ha conquistato la palma di "fantasma del mare" al suo Bagnolini.
Varo5 dal forum www.betasom.it
Il "prallo" della recluta
“Ragazzi, arriva la nuova recluta!” aveva urlato il marinaio ***, detto “***” infilando la testa nel portello della sala siluri, “Dobbiamo dargli il benvenuto, ragazzi. Uno scherzo come si deve …”.
“Potremmo fargli fare l’aeroplanino …”, disse il ***, meccanico, per gli amici “***”.
“E come? Qua dentro che non riesci a grattarti l’orecchio senza spaccarti un gomito?”.
“Lo Juke box?”.
“Potremmo fargli fare quella del prallo”, disse ***, assistente di sanità con una plurigenerazionale tradizione familiare di ufficiali di marina dai quali aveva assimilato storie e avventure d’altri tempi e spiegò il suo piano con cura.
Era perfetto, si prepararono ed attesero gli eventi.
“E’ questa la sala siluri?” I tre si scambiarono un deciso sguardo di intesa e fecero un grugnito affermativo: era l’uomo, il loro uomo.
“Bene!” disse il ragazzone ed entrò sbuffando dalla piccola porta stagna.
Si portò al centro della saletta, appoggiò la sua sacca al tavolo e si tolse la giubba. Era ancora tutto rigido d’amido e sapeva di fureria. L’odore delle reclute indifese. Si presentò gioviale agli altri che lo scrutavano truci.
“Pochi convenevoli e veniamo subito al sodo”, disse ***, “tu dormi qui”.
Fece vedere come si estraeva la cuccetta, come la si doveva attrezzare secondo il regolamento, in che modo doveva essere rinfilata a posto e fissata.
“Ti puzzano i piedi?”, chiese ***.
“Perché?”, domandò il ragazzo arrossendo.
“Perché qui”, ringhiò il *** “se non ti è ancora entrato nella zuccaccia, siamo su di un sommergibile. I piedi vanno dunque lavati tutte le sere”.
“Ho capito, ragazzi, state tranquilli, nessun problema, mi lavo sempre. Grazie dei consigli. A proposito, scusate, devo andare in bagno. Potreste mostrarmi dov’è e come funziona?”
I tre si scambiarono un laido sguardo: era arrivato il momento atteso.
“Eccolo, questo buco qui…” e indicarono un bugigattolo pieno di tubi e valvole, “ce l’hai il prallo?”.
Le orecchie divennero paonazze. “No, cos’è?”
“Cos’è che può tradire la presenza di un sommergibile?”, chiese il *** con sufficienza
“Un sonar”.
“Risposta esatta. E quali sono i suoni ai quali il sonar reagisce meglio?”.
Silenzio imbarazzato.
“Le scorregge! Un sottomarino americano ne ha rilevata una russa ad oltre settecento miglia. Sono un pericolo terribile che rende i sommergibili estremamente vulnerabili, soprattutto in caso di dieta borlotta”.
“E allora?”
“Dalla Nato ci è stata data in dotazione un’arma segreta: il prallo … Il prallo è quell’oggetto che, utilizzato in seduta, assorbe tutti i rumori sospetti che viscere traditrici potrebbero passare al nemico, svelando la nostra posizione e segnando irrimediabilmente la nostra sorte”.
Il ragazzo deglutì. “Dovrò far domanda per averne uno” disse con un filo di voce.
“Sei fortunato, io sono in officina dove ripariamo e calibriamo i pralli. Eccone uno adatto alla tua taglia”. E tirò fuori un piccolo oggetto cilindrico, fino a un minuto prima un banale rubinetto. Quello allungò la mano per prenderlo ma *** gliela bloccò.
“Aspetta, incosciente, sai come si usa?”. La recluta scrollò il testone. “Devi provarlo un paio di volte, regolando la valvola silenziatrice” spiegò. “Noi stiamo fuori e ti diciamo come va. Attento però, il tuo prallo non assorbirà mai totalmente le tue bestiali intemperanze intestinali, ma le trasformerà in musica…” Continuò *** “musica che per i primi mesi le spine malefiche come te devono accompagnare cantando, possibilmente intonati, per coprire eventuali problemi di calibratura o difetti”.
“Ma io sono stonato…”.
“Cavoli tuoi”.
Il ragazzo prese il prallo ed entrò titubante. Riaprì subito dopo la porta e tirò fuori il testone: “Dove devo metterlo?”
“Vicino alla tazza il piu possibile”.
“Ah!” disse con sollievo perché per tutto quel tempo aveva temuto il peggio. Dopo neanche un attimo riaprì la porticina: “scusate ancora…”
“che cavolo c’è?”
“Cos’è che devo cantare?”
“L’Inno Nazionale, imbecille”.
La testa sparì ed un vocione stonato iniziò a cantare.
Al sollievo nel timbro di voce che udirono nel “siam pronti alla morte” capirono che gli sforzi della recluta erano andati a buon fine, senza mettere in pericolo la nave.
La storia fece rapidamente il giro del sommergibile, ed ogni qual volta il “ragazzo del prallo” andava al gabinetto si formava una coda come se a bordo ci fosse stata un’epidemia di dissenteria.
Ma la cosa sfuggì di mano … doveva salire a bordo del Toti il contrammiraglio ***, comandante dell’Arsenale, per una ispezione.
I ragazzi si prepararono con diligenza. Misero a posto per bene la camera di lancio, tolsero dalle cuccette le foto delle playmates e ritagli di fumetti porno, rassettarono le tenute d’ordinanza ed aspettarono il giorno indicato, sperando che non piovesse.
Arrivò la giornata ed era splendida. Mentre si stavano schierando in coperta, il *** ebbe un sussulto e sbiancò. “Oh Gesù!” esclamò afferrandosi ad un braccio di *** “Guarda cosa fa quell’idiota!”.
Nel caos generale che precedeva l’allineamento la loro vittima aveva appeso il suo prallo, lucido e brillante, alla giberna. *** fece per scattare ma era troppo tardi. Il contrammiraglio stava già salendo lo scalandrone seguito dal comandante del Toti. L’alto ufficiale, classe 1905, quella mattina aveva le scatole letteralmente girate. Il comandante presentò la forza schierata per l’ispezione.
Il contrammiraglio cominciò a passare in rassegna gli uomini con distacco, tutto compreso nel suo malumore, fino a che qualcosa non attirò la sua attenzione.
“Marinaio!!! Mi spieghi che cavolo è quel pendaglio alla giberna … E’ un ordine!”
“E’ un prallo, signor ammiraglio” disse il ragazzo con l’ultimo fil di voce rimastogli. Il comandante che stava dietro all’alto ufficiale lo vide sussultare come per un improvviso attacco di singhiozzo.
“Già, già, ora lo vedo. Ed è anche molto ben tenuto … bene, bene. E cosa suonerebbe il tuo prallo, marinaio?” disse piano, come per non far sentire agli altri.
“L’Inno di Mameli” riuscì a sussurrare il ragazzo.
“Mmmmmm … sì. Potrebbe anche andare. Ma qui siamo su di un sommergibile … non credi che l’Inno dei Sommergibilisti sia meglio?”
“Signorsì!”
“Lo conosci?”
“Signorsì: vanno le navi nere nella …”
“Bene. Bravo … Provvedi”. Continuò ad avanzare lungo la fila dirigendosi rapido alla torretta. Da in fondo alla linea arrivavano mugolii soffocati.
Il comandante raggiunse il contrammiraglio *** che stava per salire: “Le chiedo scusa a nome di tutta la nave e le garantisco, signore, che i responsabili saranno severamente puniti”.
L’alto ufficiale guardò il comandante e per la prima volta nella giornata sorrise. “Comandante, comandante … Si calmi. Era dal tempo dell’Accademia che non sentivo più quella del prallo … Li lasci stare. Pralli a parte erano impeccabili”.
“Grazie Signore. Signorsì”.
“A proposito … Come possono essere venuti a conoscenza di uno scherzo così vecchio?”
“Lo ignoro. Sono dei diavoli…” Iniziarono a scendere per la scaletta verso la plancia. “Ma è proprio così vecchio lo scherzo del prallo, signore?” chiese il comandante.
“Certo. Pare addirittura risalga a Dante … Ha presente il verso … ed egli aveva del cul fatto trombetta …” disse il contrammiraglio ridacchiando.
“XXI Canto, Cerchio VIII, Bolgia V, terzine 136-139” disse pronto il comandante, ringraziando mentalmente sua madre che lo aveva spedito al classico a pedate nel sedere mentre lui voleva fare il ceramista. Il contrammiraglio guardò il comandante con sincera ammirazione.
“Non solamente mi devo complimentare con lei per come è condotto il Toti e per lo spirito sanamente cameratesco del suo equipaggio, ma anche per la sua stupefacente cultura classica, che, mi creda, in un ufficiale non guasta mai”.
“Grazie signore”.
Il sommergibile partì per la lunga crociera che si svolse in tutta tranquillità. E nessuno, nonostante l’interesse iniziale, faceva ormai più caso quando, passando davanti alle ritirate, sentiva una voce stonata e deformata dallo sforzo cantare “ … dritto e sicuro / parte il siluro / urla e travolge il mar !”
Furono quelli gli unici lanciati dal Toti in quella missione."
Alberto Cavanna dal giornalino del Circolo Ufficiali M.M. di Venezia via "Ammiraglia 88" di www.betasom.it
Il ricambio dello snorkel
In ogni caso su quei piccoli sommergibili avevamo tutti l'abitudine di non smettere se non si aveva finito tutto il lavoro, senza guardare l'ora e senza che nessuno ti dicesse niente.
Sui sommergibili è così, perché al battello che stai riparando è affidata la tua vita e quella dei tuoi compagni, e in emergenza si lavora tutti insieme, fianco a fianco, se non sei del settore e ne capisci poco, non importa, puoi sempre passare gli attrezzi, e alleviare il lavoro dei tuoi compagni oppure fare il caffé e portarglielo.
Personalmente ricordo di un altro guasto che abbiamo avuto a Taranto, al tubo dell'olio ad alta pressione per il sollevamento dello snorkel. Il ricambio era a Monfalcone e dovevamo uscire in mare il giorno dopo.
Sulla classe Toti l'attacco inferiore era accessibile togliendo i pannelli laterali sulla vela (quelli rettangolari con feritoie), però l'attacco superiore era poco accessibile, per poter staccare il tubo praticamente bisognava infilarsi dentro al pertugio e poi allungarsi verso l'alto. Per fare quello ci voleva uno molto magro, e indovinate chi era allora il piu' magro a bordo?
Luciano, così il mio amico Edo mi ha spedito dentro, visto che lui non riusciva, però, infilato dentro così tutto storto non riuscivo a fare forza, a quel punto Edo, ha costruito, visto che non l'avevamo, una chiave fissa con attacco girato e una prolunga per trasmettere il moto dall'esterno con il cricchetto. A questo punto il mio compito era solo quello di imboccare la chiave e tenerla in posizione, al resto provvedeva Lui.
Abbiamo iniziato a lavorare che erano le otto del mattino e ricordo che abbiamo finito che era l'una e mezza di notte. Lo abbiamo tirato giù e rimontato otto volte e portato a vulcanizzare, però si rompeva sempre appena messo sotto pressione, era chiaro che non poteva tenere, così alla fine il Dir ci ha fatto misurare la lunghezza del tubo riscontrando un eccedenza in lunghezza di una ventina di centimetri, a questo punto visto che la rottura era entro i 10 cm dall'attacco lo ha portato in officina e lo ha fatto tagliare, e rimboccolare.
È andato tutto bene ha tenuto e abbiamo continuato ad usare quel tubo accorciato per tutto il tempo che sono rimasto a bordo fino al mio congedo senza avere piu' guasti.
A questo punto non vorrei dire ma mi sa che quello che quello che c'è sul Bagnolini in disarmo se lo andate a misurare è piu' corto di 10 cm.
Ricordo che ero tanto stanco che mi sono addormentato in coperta all'aperto con la testa che spenzolava da una parte e i piedi dall'altra. Chi ha visto il Toti sa che la coperta è tonda.
Avevo appena chiuso gli occhi che ho sentito il comandante il seconda che mi chiamava per il posto di manovra.
Sergente. Sergente. E poi stufo Luciano!!! Ma dove cavolo sei sono le tre dobbiamo salpare il comandante ha già chiamato posto di manovra.
Così ho risposto, mi sono arrampicato in plancia, ho messo la cuffia in testa e siamo salpati. Quando eravamo oltre la diga foranea prima di immergerci il Secondo mi ha poi detto in un orecchio, ma porca miseria Luciano cosa sei scemo, dormire così in coperta, non lo sai che e' pieno di topi.
Aveva ragione però, che volete, quando si ha sonno dicono che si possa dormire ovunque anche sui chiodi.
Luciano46 dal forum www.betasom.it
La valvola difettosa
Pensando alle cose successe quando ero sul Bagnolini, mi e' venuto in mente un fatto successo, mi sembra quando siamo andati a Trieste dentro ai cantieri, per montare la famosa tartaruga (prima ne eravamo sprovvisti) a prora.
Non garantisco l'esatto dettaglio nell'esposizione dei fatti in quanto la mia memoria dopo tanti anni si e' un po' arrugginita, garantisco solo la veridicita'.
Eravamo ormeggiati dentro il cantiere, che mi sembra si chiamasse S,Marco, davanti all'officina grandi motori.
Quel giorno ero di guardia insieme al sottordine radarista (che fungeva da sentinella). Il mio amico Edo e l'altro motorista erano scesi a bordo dalla torretta (la tartaruga non era ancora stata montata), per spurgare le bombole dell'aria AP. operazione di routine che veniva fatta regolarmente.
Io ero rimasto seduto in plancia ad aspettare Edo, quando all'improvviso ho sentito una botta fragorosissima provenire da dentro. Ti lascio immaginare lo spavento, ho chiamato Edo da su' ma non rispondeva, allora ho chiamato a bordo la sentinella, gli ho detto di salire in plancia, e sono sceso.
Dentro faceva un gran freddo, mi sembra di ricordare che il quadro dell'aria fosse completamente ricoperto di brina, e ricordo un fischio lacerante, Edo e il suo aiutante erano li' storditi, ma in piedi, cosi' li ho aiutati a risalire e siamo usciti. Non avevano niente tranne Edo che lamentava un po' di dolore alle orecchie.
Da quello che mi ha detto Edo sembra che mentre stavano spurgando, all'improvviso sia saltata una valvola di una sottobatteria Alta Pressione, non quella che stavano spurgando, l'altra, cosi' all'improvviso senza motivo apparente.
Dato che la cosa rientrava nelle possibilita', non mai piu' chiesto quale sia stata la causa, probabilmente una valvola difettosa.
Comunque te lo assicuro un grosso spavento.
Luciano46 dal forum www.betasom.it
Viabilità
Nella sua qualità di amministratore Comunale, un ex Direttore di Macchina del Mocenigo ha ritenuto doveroso che la Città di Augusta intitolasse una Via ai quei sommergibili che sono stati "suoi figli adottivi".
La scelta del nome al sommergibile MOCENIGO è stata puramente casuale: inseriti in una busta i nomi dei quattro battelli è stato estratto un bigliettino a caso ed è uscito il MOCENIGO. Poi (ma solo dopo) è emerso che, sbadatamente, nella busta non erano state inserite le altre Unità.
Scherzi a parte, la città di Augusta è da tempo che cerca di ottenere il Mocenigo quale museo e anche questo è un modo per mantenere alta l'attenzione...
Totiano dal forum www.betasom.it
A pesca col sommergibile - 2°
Trasferimento da augusta a la spezia x lavori in bacino, se non ricordo male maggio 1974.
Il fatto:
In superfice, nel tardo pomeriggio incontriamo un peschereccio al largo della sardegna, il comandante chiede se hanno del pescato, e questi ci danno un bel tonnetto(fresco????) in cambio gli diamo un po' di nafta.
Il giorno dopo il cuoco (siciliano bravissimo) cucina il pesce. Il primo turno va a mangiare (io ero nel secondo), questi gustano molto volentieri il pesce e poi vengono a darci il cambio guardia.
Mentre noi finiamo di mangiare il primo piatto (pastasciutta), già qualcuno del primo turno ha problemi di intestino mentre arrriva anche a noi la gustosa pietanza di pesce dopo poche forchettate arriva il c.te e ci dice di laciare perdere il pesce.
Dopo due ore più della meta dell'equipaggio e preso da diss...ria, essendo il ce..so quello che era sul toti, tutti in coperta a poppa con giu' le braghe...
Al nostro arrivo alla spezia, due giorni dopo, il c.te del MOGENIGO ci è venuto incontro con una motobarca piena di carta igenica, ed arrivati in banchina questa era addobbata tutta di carta igienica (come un albero di natale).
NON VI DICO I COMMENTI E LE BATTUTE SULL'ARGOMENTO DIS...RIA
racconto di bollazero dal forum www.betasom.it
Lazzaro reso orfano per mano inglese
Storia inedita, solo gli addetti conoscono e chi nel lontano 1984 si trovava a bordo del MOCENIGO.
AUGUSTA primavera 1984 banchina SAURO:
MOCENIGO ormeggiato lato sud, dragamine inglese lato nord.
Assemblea in una mattina di primavera soleggiata tipica AUGUSTANA, personale apposto per l’alza bandiera, sottufficiale d’ispezione a poppa fischia alza bandiera, ma nessuna bandiera si vede sventolare al vento, in compenso si notano gli schiamazzi e la goliardia dei nostri vicini inglesi.
I cari amici inglesi ce l’anno fatta sotto il naso, durante la notte una squadra di burloni si era calata in acqua e nuotando sotto la banchina si erano portati sulla nostra poppa, tagliata la cima che teneva legata la bandiera all’asta (la bandiera come da nostra tradizione dopo ammaina veniva raccolta e lasciata legata all’asta) lasciando LAZZARO orfano.
Alla vista di tutto ciò il Comandante in 2^, un certo ALESSANDRO detto il gigante buono che presenziava l’assemblea tuono: non me ne frega un c… cosa farete e come lo farete, ma entro domani mattina voglio la bandiera al proprio posto costi quel che costi, lasciando la banchina imbufalito. Gli inglesi se la ridevano di gusto.
L’equipaggio: ci riunimmo a bordo lontano da occhi e orecchie indiscreti per decidere il da farsi per lavare l’offesa arrecata a LAZZARO e a tutti noi. Si decise di agire quella stessa notte, un Team composto da me capo macchina (u zuu bronzo), Maurizio capo allo scafo (zio fester), Marcello ecg (da CATANIA l’orefice), Efisio (nostromo tamburino SARDO) e Giuseppe silurista (caccia grossa). Il piano prevedeva, io, zio fester e il nostromo, immersione alle due del mattino transito sotto la banchina, portarsi a poppa del dragamine tagliare le cime del gommone con relativo motore ormeggiato a poppa del dragamine inglese e a nuoto portarsi nei pressi dell’officina motori, dove avremmo trovato Marcello e Giuseppe ad attenderci, imboscare il gommone e rientrare in caserma. L’indomani chiedere il riscatto a gli inglesi, bandiera per gommone. Così doveva andare, ma non fù così.
Quella notte noi scendemmo in acqua come programmato, per puro caso non c’incontrammo con gli inglesi, anche loro scesi in acqua per un’altra azione. Quei volpini: poiché avevamo lasciato la bandiera legata all’asta anche quella notte, pensarono bene di farne un altro souvenir. Ma questa volta su la loro strada incontrarono la nostra guardia in coperta ANGELO elettricista, che notando movimento in acqua a poppa di LAZZARO non esito a estrarre la beretta in dotazione e intimare -alt o sparo- i mal capitati sotto tiro furono fatti salire in banchina e tenuti sotto tiro finche non arrivo il nostro comandante in 2^ Alessandro il grande. Nel frattempo anche il nostro Team fermò l’azione e ci portammo in banchina. In breve Alessandro il grande consegno gli sprovveduti Inglesi al comandante del dragamine ottenendo in cambio una solenne promessa.
L’indomani mattina equipaggio schierato in gran completo ALESSANDRO il grande che sembrava più imponente del solito, manifestava sommo piacere, in attesa che qualcosa accadesse. Sottufficiale d’ispezione fischia alza bandiera, al termine, il Comandante del dragamine INGLESE al centro, con in mano la nostra bandiera lavata, stirata e ben piegata e due dei suoi uomini ai lati avanzando con passo marziale verso in nostro Comandante in 2^ consegnando la bandiera a LAZZARO prontamente issata. Bella storia, di cameratismo e lealtà. Non ci furono sanzioni disciplinari nei confronti di chi si fece piccionare, ma come nelle nostre tradizioni, alla prima uscita in mare ci furono fiumi di spumante rigorosamente ITALIANO torte e pasticceria varia della miglior qualità (DA NOE’) il tutto offerto per intimo gaudio dai due piccioni all’epoca PIPPO (canazzu augustanu), LEO (radarista da MESSINA). Tutto bene ciò che finisce bene, ma per LAZZARO non furono sufficienti i doni offerti per calmare la sua ira, volle sacrifici al “DIO PERNO” e così sia; mare calmo e vento in poppa per tutta la navigazione.
racconto dello Zuu Bronzu
Storia della bandiera di navigazione
Quando andai a Taranto al magazzino bandiere per la sostituzione della medesima, chiesi alla persona adetta al ricambio che fine avrebbero fatto le bandiere consumate? Lui mi rispose, che sarebbero andate al macero. Guardai il cassonetto dove depositare la bandiera e mi dissi: cara bandiera primo tricolore del primo sommergibile del dopoguuierra tu! al macero non andrai, tu devi rimanere sempre con noi come ricordo, e così fù. L’ho custodita per quasi 40 anni, Porcu Franco ogni tanto veniva a casa mia e la tiravamo fuori e tra lacrime e grappini ricordavamo i bei tempi passati sul carso tra slanci patrioticci e grandi bevute, ora la bandiera è ritornata da dove era partita. Si trova presso la sede del Gruppo A.N.M.I. di Monfalcone grazie al Presidente del Gruppo Tondo Gaetano mi ha onorato di custodirla corredata di una foto di alcuni componenti del primo equipaggio.
Caro sommergibile Toti
ora stai silenzioso fuori dal tuo mare
non pulsa più il tuo cuore ora
ma la tua bandiera può sventolare ancora.
W L’ITALIA W LA MARINA W I SOMMERGIBILISTI.
Sommergibilista e ex nostromo MUO’ GIOVANNI
L'affondamento del Toti
È da tempo che se ne parla e sono state espresse anche opinioni contrastanti e accese, specialmente sul forum di www.sommergibili.com. Quindi ecco lo scoop, non tratto da documenti ufficiali ma solo da testimonianze di persone che hanno assistito al fatto: l’affondamento del Toti!
Il mattino del primo Luglio 1969 il sommergibile Enrico Toti, eponimo di una classe di 4 battelli che sono il primo frutto della cantieristica subacquea italiana dopo 1943 ed appena consegnata alla Marina Militare Italiana, entra in sosta manutenzioni dopo un impegnativo periodo di attività operativa che ne doveva testare le eccezionali qualità belliche. L’equipaggio è ancora ridotto all’osso (i primi aumenti alla tabella di armamento arriveranno tra qualche anno) e i turni di guardia sono stressanti quanto pochi sono i tipi di guardia effettuati: il battello non è presidiato a Bordo ma c’è solo una sentinella in banchina.
I lavori di questa sosta hanno lo scopo, oltre a “leccare le ferite” della prolungata attività, di verificare le strutture non normalmente controllabili ma che sono soggette a corrosione e tra queste vi è la "cassa espulsione". Questa cassa, resistente alla stessa quota massima del sommergibile ha diversi scopi:
- assieme alle casse zavorra è parte della riserva di spinta del sommergibile in superficie
- in caso di avaria alla pompa assetto funziona da polmone per effettuare l’assetto con l’aria compressa
- in caso di emergenza, per tramite delle valvole del sistema “margherita” consentiva l’espulsione fuori bordo del gasolio conservato in altre 5 casse contribuendo ad una ulteriore riserva di spinta per l’emersione.
Tale cassa è quindi un cilindro collegato col mare nella parte inferiore e rispettivamente con uno sfogo aria, con l’aria alta pressione, con le casse gasolio e con la tastiera assetto nella parte superiore: ovviamente tutte queste vie sono intercettate da valvole e mentre le superiori sono manuali quella a contatto col mare è manovrata oleodinamicamente (per maggiori informazioni pagina Classe Toti/Caratteristiche/immersione).
Ma torniamo al nostro battello che si è da poco ormeggiato alla banchina accumulatori della darsena interna dell’Arsenale della Spezia. L’efficiente equipaggio inizia subito i controlli previsti per la giornata e smonta il portello del passo d’uomo della cassa emersione, ma prima si assicura che la manovra oleodinamica sia in posizione di "bloccato chiuso" ed in tale posizione viene posto un lucchetto per impedire manovre non volute.
Il personale entra nella cassa ed inizia i controlli, ad iniziare dalla perfetta tenuta della valvola di allagamento (quella a contatto col mare). La valvola tiene bene e quindi possono iniziare i controlli sulla pittura, gli eventuali inizi di corrosione, la pulizia dei sensori del liquidometro. A mezzogiorno le manutenzioni all’interno della cassa non sono ancora finite ma è ora di pranzo e visto che la valvola è ancora in tenuta perfetta il passo d’uomo rimane aperto per guadagnare tempo sui lavori pomeridiani.
Ma a cavallo delle 13.00 il diavolo ci mette lo zampino: la manovra oleodinamica bloccata chiusa inizia a trafilare olio e la valvola di allagamento inizia ad aprirsi. Il mare invade la cassa espulsione, sempre più velocemente a causa dell’aumento del battente idrostatico sulla valvola. A bordo non c’è nessuno e la guardia in garitta è attenta a non consentire l’accesso, non certo a guardare il battello; nessuno si è ancora accorto del lento affondare del sommergibile. La fortuna, se così vogliamo dire, è che il battello ha un assetto leggermente appoppato e che 2 mastre delimitano il lago che si stà formando in manovra per cui l’acqua, tracimando dal passo d’uomo della cassa espulsione, scorre verso poppa. Il primo locale ad allagarsi è l’ausiliari addietro ed il battello si appoppa sempre di più, adesso l’acqua riesce anche a scavalcare la mastra del portello di accesso al locale macchina incidendo sempre più fortemente sull’appoppamento: ormai sono rimasti fuori solo la vela e la parte prodiera del battello con il portello di accesso all’interno del sommergibile, se l’acqua lo raggiunge il Toti si appoggerà definitivamente sul fondo! Ma non solo, le batterie che sono stivate a prora inizierebbero a produrre velenosissimo cloro che potrebbe anche esplodere.
Nel frattempo la sentinella si è accorta che i cavi di ormeggio sono anormalmente tesi e visto il battello che si stà appoppando sempre di più dà l’allarme: sono le 13.40 e all’interno del battello sono entrate diverse decine di tonnellate d’acqua. I più intrepidi, sprezzanti del pericolo, salgono a bordo dal portello di prora e riescono a chiudere il portello del passo d’uomo della cassa espulsione.
Due ore dopo il Toti è di nuovo a galla grazie all’opera congiunta del personale di bordo, dell’equipaggio di una unità vicina e del personale dell’Arsenale. I danni sono ingenti ma non irreparabili e consisteranno sostanzialmente nel "lavare" tutti i macchinari che sono stati sommersi dall’acqua di mare con particolare attenzione ai motori elettrici.
Da annotare che dopo numerose prove, anche e soprattutto su altri battelli, solo il manipolatore oleodinamico del Toti non forniva durevole garanzie di tenuta.
Primo giorno sul Toti
Nell’estate del 1973 ero un giovane aspirante guardiamarina di belle speranze e mi sentivo quasi un essere superiore per aver appena superato il corso di indottrinamento per sommergibilisti del mitico colonnello Corazzi. Ero in viaggio per raggiungere la mia prima destinazione: il sommergibile Enrico Toti a Messina. Dopo una cavalcata automobilistica da Taranto, mi trovavo sull’altissima coperta di un traghetto che mi stava portando al di la dello stretto e guardavo con attenzione tutto ciò che mi circondava. Entrata la nave nella rada di Messina, in un angolo del porto vedo un piccolo sommergibile che manovra per raggiungere il mare aperto; un balenottero nero dall’aria goffa in superficie ma capace di dominare gli abissi e di spezzare in due una nave con un colpo solo… “toh, un sommergibile! Che combinazione, anche il mio battello si trova a Messina…”. “Come si chiama il suo sommergibile?” domanda un marinaio del traghetto che attendeva con me il momento dell’attracco. “Enrico Toti!” Esclamo con orgoglio. “Ma è proprio quello il Toti” aggiunge il marinaio indicando il balenottero.
In effetti, guardando bene, sulla vela spicca il numero identificativo NATO: 506. Si, è proprio lui…ma…non mi hanno aspettato! Devo presentarmi a bordo alle 08.00, cioè fra un’ora … come faccio? Mica posso buttarmi a mare da qui e raggiungerlo a nuoto! Un senso di impotente disperazione prende il posto della sicurezza fino allora ostentata. Non sapevo più che fare. Mille dubbi mi frullavano in testa. Che figura ci faccio con l’equipaggio? La mia carriera di bordo comincia nel peggiore dei modi. E se mi dichiarano disertore? Con questi amletici dubbi, appena si abbassa la rampa del traghetto mi precipito in Arsenale e mi informo su dove è diretto il sommergibile; scopro non senza difficoltà che, avendo ultimato i lavori di carenamento, stà tornando alla propria base di Augusta per rimanerci. Altri dubbi. Che faccio? Vado ad Augusta e mi precipito in ginocchio al Comando del Secondo Gruppo. Detto, fatto! Dopo due ore sono al cospetto di un burbero maresciallo che mi comunica di essere il più alto in grado presente perché è in corso un’esercitazione. “Torni a presentarsi domani alle 08.00”. Per tutta la notte non ho chiuso occhio (un pò per la preoccupazione di ciò che mi attendeva e un po’ per il caldo e le zanzare).
Giorno successivo. 08.00 del mattino. In perfetta alta uniforme bianca con sciarpa e sciabola attendo in piedi davanti alla porta sulla quale stà scritto “Sommergibile Toti – segreteria Comando”. Alle 09.00 finalmente compare un sergente che apre la porta sbadigliando. Mi comunica che, siccome sono arrivati tardi dal mare la sera prima, oggi non si lavora… “Ma come? Io mi devo presentare al Comandante!” “Ehh! Cosa vuole che sia… non c’è fretta. Comunque, mi sembra che il Comandante e il Direttore debbano farsi vivi tra un’oretta per le pratiche arretrate.” Tutta questa apparente disorganizzazione e superficialità mi pareva inconcepibile, dopo anni di Accademia. Alle 11.00 arriva il Comandante, TV Domenico Ollandini! Una tenuta a dir poco fuori ordinanza: calzoni e camicia caki con qualche macchia di olio e gasolio, stivale neri da pompiere, niente berretto, un solo grado da TV sul petto ed un’andatura altalenante e quasi indolente. Lo segue il Direttore di macchina, STV(GN) Paolo Deana vestito quasi allo stesso modo ma con molte più macchie. Scatto in un perfetto attenti e mi presento senza dar loro il tempo di scomparire nell’ufficio: “Aspirante Guardiamarina Rudy Guastadisegni, comandi!” “Ah, si … già … ma come, è già qui? …beh, si rilassi e venga dentro”. SI ERANO DIMENTICATI DI ME!?
Come se mi avesse letto nel pensiero il Comandante esordisce “Si sieda e si tolga la ferramenta di dosso, non ci siamo dimenticati di lei. Ieri avevamo fretta di tornare ad Augusta e siamo partiti con tre ore di anticipo. Sapevamo che comunque prima o poi ci avrebbe raggiunti alla base, lei è un sommergibilista, si deve saper arrangiare in ogni circostanza … ci scusi per il disguido. Oggi non si lavora ma da domani si ricomincia a battere l’onda. Si presenti a bordo alle 08.00 in tuta e si porti lo spazzolino da denti .. Paolo cominciamo che ho fretta di andarmene. …A Domani signor Rudy” (il cognome gli suonava già troppo lungo). Fuori dalla porta incontro il Comandante in seconda, TV Sirio Pianigiani che senza preamboli mi affida al nostromo per ricevere il vestiario di dotazione e, prima di mensa, finalmente una faccia nota: l’ufficiale di rotta STV Enrico Descovich, caro amico e compagno di gare sportive in Accademia che mi accoglie cordialmente portandomi in giro in tutta la base per assicurarsi di mettermi a mio agio nell’ambiente. Per tutto il giorno mi sono chiesto in che cavolo di ambiente mi ero cacciato … ero stato trattato con inusuale confidenza, si sono addirittura scusati per il disguido e non mi hanno spivolato…mah! Ma dal giorno successivo è iniziata per me una vita di avventure sopra e sotto il mare condivisa con uomini di tutti i gradi e le età che hanno sempre dimostrato di avere una marcia in più nei momenti critici e due marce in più nei rapporti umani. Quella prima presentazione sul Toti è stata per me il benvenuto tra i sommergibilisti, gente che bada soprattutto alla concretezza dei rapporti oltre che al mantenimento della meritata fama di professionalità e serietà. Un mondo impagabile dal quale non mi sono più voluto allontanare per 25 anni. E a quei tempi si iniziava la gavetta proprio dai Toti.
Rudy Gustadisegni - tratto da”Gentiluomini di mare” nr.11 Marzo 2006
Il nuovo mondo
Quando sono stato destinato al Toti ( giugno 1971 ) ero stato avvisato che si trovava ad Augusta, invece il foglio di destinazione mi inviò a La Spezia. Qui seppi che il Toti era da un sacco di tempo (da sempre ??) presso l'Arsenale per sperimentazioni, ma che prima o dopo era destinato alla Sicilia. La partenza avvenne nella primavera del '72 nonostante i tentativi di restare a La Spezia dove tutti avevano messe salde radici.
Durante la navigazione si pensò di fare uno sbarco in grade stile: Il primo sulla passerella è un giovanissimo radarista che porta sulla coperta un cofanetto con le perline per gli indigeni, il secondo è il Comandante in persona !! Da notare l'abbigliamento "desertico" con pantaloni corti, sandali, berretti con protezioni, gli occhiali da sole (da saldatore) e la pistola (vera) alla cintura.
Non ho visto la scena, perchè ero di servizio all'interno, ma mi avevano riferito che al Comandante del Gruppo questa scenetta non era per niente piaciuta!!
racconto di AUC65 dal forum www.betasom.it
A pesca col Sommergibile
Ricordo di una volta, eravamo in esercitazione per l'addestramento, alla caccia sommergibili, di alcune navi, in una zona di mare, riservata. Vedendo che la flotta, invece di inseguire noi stava andando da una altra parte il Comandante aveva dato ordine di seguirli, per cercare di rientrare nell'esercitazione, visto che non ci filavano neanche un po'.
Ad un certo punto mentre ci siamo portati a quota periscopica, per vedere che fine avevano fatto, abbiamo sentito un strano strisciamento contro lo scafo, come se l'elica avesse fatto su' qualcosa.
A questo punto il Comandante ha detto che secondo Lui avevamo agganciato una rete a strascico, visto che vicino a noi si sentiva il rumore del motore di una nave di piccole dimensioni, e in effetti dal periscopio si vedeva un piccolo peschereccio. Il comandante allora ha dato ordine di emergere, e fermare il motore.
Come ci hanno visto in superficie, tre o quattro di quelli che erano sul peschereccio hanno incominciato a gridare, insultandoci., dicendo che gli avevamo rotto la rete. Il comandante allora preso il megafono gli ha chiesto che ci facessero in quella zona che era interdetta alla navigazione civile, e di comunicarci il loro identificativo.
Per tutta risposta quelli hanno tagliato la rete e sono filati via a tutta forza, così al Comandante non c'è rimasto altro da fare che mandare due miei compagni, che erano anche sommozzatori, a vedere cosa era successo all'elica.
Dopo l'ispezione hanno riferito che l'elica era indenne, c'era solo una rete tutta avvoltolata intorno, Ricordo che il Comandante ha dato ordine di tagliare la rete per liberare l'elica, però i miei compagni dopo aver liberato l'elica, invece di mollare il pezzo di rete, lo hanno tirato su a bordo, e indovinate che cosa c'era attaccato. Due bellissimi Palombi . Così fatti su i Palombi, puliti e portati a bordo e mollata la rete, abbiamo ripreso l'esercitazione. Quella sera per cena abbiamo mangiato palombo in umido, cucinato in modo superbo dal mio grande amico Renato (sergente silurista). Quel palombo in umido lo ricordero' sempre: sapeva di mare !!! Cose strane che accadono a volte ai sommergibilisti.
racconto di luciano46 dal forum www.betasom.it
La tartaruga del Toti
L’accesso all’interno dei Toti avviene dal portello di prora che è contornato da una piastra di acciaio (che ha lo scopo di consentire l’appontaggio del sommergibile di salvataggio). Prima di questa modifica il portello aveva una carenatura familiarmente denomina dall’equipaggio “tartaruga” per la sua forma.
Si era a pranzo e si stava parlando della “tartaruga” quando un giovane silurista si avvicina timidamente e chiede notizie di quella tartaruga. Al Direttore e al contabile di macchina si illuminano gli occhi per l’imminente scherzo: “la tartaruga? Certo che abbiamo una tartaruga a bordo! È la nostra mascotte. Vive in locale ausiliari avanti ma non si fa vedere spesso… anzi oggi non gli abbiamo ancora portato da mangiare: vuoi pensarci tu?”
Il solerte marinaio si avvia in cucina, prende qualche foglia di insalata e l’appoggia su un piatto di carta. Scende nel locale, la chiama e poi lascia il piatto e torna soddisfatto al suo lavoro.
In un attimo la foglia di insalata viene fatta scomparire ma il silurista tarda un po’ a tornare, forse ha capito… E invece dopo un paio d’ore scende furtivo nel locale e risale tutto soddisfatto. Si guarda in giro poi, trovati il Direttore e il contabile, mostra raggiante il piatto ed esclama “mocca Diretto’ tutta se l’è mangnata!”
racconto di Totiano dal forum www.sommergibili.com
L’affondamento della Roosvelt
Dettagli operativi dopo 34 anni non li ricordo di sicuro anche perchè ero del GN. Dunque, l' obiettivo era la portaerei Roosvelt (?) debitamente scortata, il Toti ha attraversato la scorta, senza essere intercettato, a quota periscopica alzando ogni tanto in periscopio solo il tempo necessario per "fare un giro". Ricordo che siamo arrivati a poca distanza ( 2 miglia ? ) dalla portaerei che era a velocità e rotta obbligata per decollo/atterraggio velivoli, il segnale di avvenuto attacco non è stato dato con fumate o simili per non interferire con i mezzi in volo ma via radio alzando l'antenna. Il messaggio di ritorno non è stato immediato, appena ricevutolo siamo emersi con la sola vela per "farci vedere", ricordo benissimo che c'era la fila al periscopio per vedere la portaerei: non si riusciva a vederla tutta tanto era vicina!!. Giro di periscopio del Comandante per scorgere un caccia che aveva accostato e ci puntava: disimpegno e accostata con furbizia: eravamo lontani dalla base ma l'accostata e la fuga è stata ancora verso il largo, immaginando che i cacciatori ci pensassero invece rivolti verso casa. Alla fine del tempo massimo concesso per la caccia (x ore) , senza aver subito nessun attacco, siamo emersi in una zona di mare totalmente deserta: evidentemente ci cercavano altrove. Dopo qualche giorno nel rapporto finale dell'esercitazione il Toti veniva definito dagli attaccati come "formidable adversary", il telex era in mano al Comandante del Gruppo che entrò in Segreteria dicendo "Ho sete!!!".
racconto di AUC65 dal forum www.sommergibili.com
Il fantasma del mare
Quando era giovane era famoso tra i sommergibilisti della NATO, lo chiamavano BAG-NOLINI (per quelli di lingua Inglese e' difficile pronunciare la gne) il "FANTASMA DEL MARE" me lo dicevano loro quando proprio per quel motivo, nonostante fosse vietato, mi accompagnavano a visitare i loro battelli, comandate in testa che mi faceva da cicerone. Pero' purtroppo tutto invecchia, quello che conta e' l'esperienza che viene trasmessa verso il futuro.
racconto di Luciano46 dal forum www.sommergibili.com
in camera manovra
Questa simpatica caricatura è stata eseguita dall'allora furiere segretario del Toti e ritrae, con le rispettiva caratteristiche, gli abitanti della camera manovra nel 1991.
disegno inviato da Totiano dal forum www.betasom.it
La “Cul Range”
Sui Toti l'orecchio umano era il sensore più importante, ma da solo dava semplicemente il rilevamento della fonte di rumore e se l'orecchio era esperto come in quell'epoca era quello del capo idrofonista, si riusciva ad avere l'identificazione del bersaglio. A questo punto entra in azione la maestria del team d'attacco che con una serie di calcoli centrati sulla velocità di scadimento del rilevamento (B punto, derivata prima del rilevamento) e l'accelerazione del Rlv (B due punti, derivata seconda del Rlv) veniva a calcolare una ipotetica distanza del bersaglio ad un dato orario. tutto ciò veniva trascritto su un tabellone (Time/Range). Ovviamente per avere tutto ciò il sommergibile doveva prima puntare il bersaglio e poi accostare prima a dritta e poi a sinistra (si avevano cosi tre distanze associate a determinati tempi/orario). A questo punto subentrava la "maestria" di un comandante (che non sto qui a dire il nome) che ha sempre voluto immettere un ulteriore dato di distanza/tempo sul suddetto Time/Range. Questo dato denominato appunto "cul range" era una elaborazione cervello/fortuna ("cul"), che al novantacinque per cento dei casi era la distanza esatta. Il divertimento era assicurato quando i nemici si sentivano attaccati dal supersilenzioso e vecchio Toti e per di più con una determinazione di distanza pressocchè esatta.
racconto di Toti 88 dal forum www.sommergibili.com
La Collisione del Bagnolini
Quella sera stavamo rientrando da una esercitazione a La Spezia erano circa le 20,30 (non ricordo l'ora precisa però era già buio), e il comandante di allora aveva deciso di passare dal canale che esiste tra il Tino e la Palmaria (allora passavamo spesso di li', era piu comodo), entrati in rada il Comandante ha fermato il battello per dare precedenza ad un rimorchiatore con traino, in plancia c'erano il comandante e una vedetta. Questa parte del racconto proviene dai racconti dei miei compagni visto che io ero in sala radio: il battello stava lentamente arretrando per evitare che il moto ondoso lo spingesse avanti,quando all'improvviso ho sentito un urlo"Che fa' quello scemo!!!, guardi comandante ci viene addosso!!!" poi la voce del Comandante "Avanti tutta!!, Tutta la barra a sinista!!!", Ho sentito distintamente L'accelerazione del Bagnolini in avanti e a sinistra, poi di colpo, una botta gigantesca e la parete del quadro elettrico diventare pavimento, sono schizzato verso quella, però non sò come la porta della cabina radio si è riaperta, cosi l'ho presa in pieno. Mi sono rialzato perchè nel frattempo il battello si era raddrizzato, ho guardato fuori, erano tutti ammucchiati in manovra uno sull'altro, sotto shock, sembravano impazziti, ho guardato a sinistra e ho visto una valanga d'acqua in pressione che entrava da poppa. ricordo di aver pensato che la mia vita finisse in quel momento. Stavo gia' mentalmente preparandomi al trapasso quando mi sono accorto che il mio amico Edo, capo macchina, mi stava guardando e con lui anche un ufficiale di cui non riesco a ricordare il nome, credo che abbiamo pensato tutti e tre alla guarnizione, che tutti sapevamo posizionata in una nicchia dell'asse dell'elica e siamo corsi verso poppa. Ricordo che non riuscivamo a raggiungerla perchè l'acqua ci respingeva indietro, cosi' siamo passati facendoci schermo delle costole dello scafo (dietro le costole la pressione era inesistente si trattava poi solo di saltare la costola riparandosi dietro l'altra) Edo era al di la' e quell'ufficiale ed io di qua', incominciando a dare aria. L'ufficiale di cui non ricordo il nome (e pensare che eravamo amici, me ne vergogno) mi disse che ormai c'erano loro e di rientrare in sala radio per dare l'allarme per i soccorsi, cosa che ho fatto regolarmente. Eravano a galla grazie ad una guarnizione di gomma mai provata prima, senza sapere quanto potesse reggere, senza timone e senza elica in balia del mare che ci ha riportati al largo. Sono venuti a prenderci 2 rimorchiatori, e siamo arrivati in banchina mi sembra alle 4 del mattino. La vedetta mi aveva poi detto che il battello con l'urto si era quasi rovesciato e lui ed il comandante si erano ritrovati per un istante sottacqua. Purtroppo il comandante aveva battuto la testa ed era KO al punto che si era dovuto trasportarlo in infermeria. Tutto questo sembra per un errore di segnalazione da parte del rimorchiatore che trainava quella bettolina, e la mancanza di luci a bordo di questa (probabilmente un guasto avvenuto mentre il traino era già in corso). Spero che il racconto ti sia piaciuto, mi piacerebbe ricordare quel giovane Ufficiale, sai alla mia età la memoria fa cilecca, perche' se sono vivo lo devo al mio amico Edo ,con cui ho contatti, a quell'Ufficiale che non ho mai piu' rivisto, e un pochino anche a me stesso.
racconto di Luciano46 dal forum www.sommergibili.com
La Valvola aria alta pressione
Pensando alle cose successe quando ero sul Bagnolini, mi e' venuto in mente un fatto successo, mi sembra quando siamo andati a Trieste dentro ai cantieri, per montare la famosa tartaruga (prima ne eravamo sprovvisti) a prora. Non garantisco l'esatto dettaglio nell'esposizione dei fatti in quanto la mia memoria dopo tanti anni si e' un po' arrugginita, garantisco solo la veridicita'. Eravamo ormeggiati dentro il cantiere, che mi sembra si chiamasse S.Marco, davanti all'officina grandi motori. Quel giorno ero di guardia insieme al sottordine radarista (che fungeva da sentinella). Il mio amico Edo e l'altro motorista erano scesi a bordo dalla torretta (la tartaruga non era ancora stata montata), per spurgare le bombole dell'aria Alta Pressione. operazione di routine che veniva fatta regolarmente. Io ero rimasto seduto in plancia ad aspettare Edo, quando all'improvviso ho sentito una botta fragorosissima provenire da dentro. Ti lascio immaginare lo spavento, ho chiamato Edo da su' ma non rispondeva, allora ho chiamato a bordo la sentinella, gli ho detto di salire in plancia, e sono sceso. Dentro faceva un gran freddo, mi sembra di ricordare che il quadro dell'aria fosse completamete ricoperto di brina, Edo e il suo aiutante erano li' storditi, ma in piedi, cosi' li ho aiutati a risalire e siamo usciti. Non avevano niente tranne Edo che lamentava un po' di dolore alle orecchie. Da quello che mi ha detto Edo sembra che mentre stavano spurgando, all'improvviso sia saltata una valvola di una sottobatteria AP, non quella che stavano spurgando, l'altra, cosi' all'improvviso senza motivo apparente. Dato che la cosa rientrava nelle possibilita', non ho mai piu' chiesto quale sia stata la causa, probabilmente una valvola difettosa. Comunque te lo assicuro un grosso spavento.
racconto di Luciano46 dal forum www.sommergibili.com
una bella immagine del Toti senza la "tartaruga" ovvero il portello di prora
di AUC65 dal forum www.betasom.it
Guasto allo Snorkel
Su tutti i sommergibili (ed in particolare sulla classe Toti) in caso di guasti nel limite del possibile, si provvede da soli alla riparazione, anche se è necessario impegnarsi oltre l'orario di lavoro, fin che non si ha finito. Non viene fatto perche' ti viene ordinato, ma perche' chi lo deve fare sà cosa rischia insieme a tutti gli altri. In ogni caso su quei piccoli sommergibili avevamo tutti l'abitudine di non smettere se non si aveva finito tutto il lavoro, senza guardare l'ora e senza che nessuno ti dicesse niente. Sui sommergibili e' cosi', perche' al battello che stai riparando e' affidata la tua vita e quella dei tuoi compagni, e in emergenza si lavora tutti insieme, fianco a fianco, se non sei del settore e ne capisci poco, non importa, puoi sempre passare gli attrezzi e alleviare il lavoro dei tuoi compagni oppure fare il caffè' e portarglielo. Personalmente mi ricordo di un guasto che abbiamo avuto a Taranto, al tubo dell'olio ad alta pressione per il sollevamento dello Snorkel.Il ricambio era a Monfalcone e dovevamo uscire in mare il giorno dopo. Sulla classe Toti l'attacco inferiore era accessibile togliendo i pannelli laterali sulla vela (quelli rettangolari con feritoie), pero' l'attacco superiore era poco accessibile, per poter staccare il tubo praticamente bisognava infilarsi dentro al pertugio e poi allungarsi verso l'alto. Per fare quello ci voleva uno molto magro, e indovinate chi era allora il piu' magro a bordo? Luciano, cosi' il mio amico Edo mi ha spedito dentro, visto che lui non riusciva, pero', infilato dentro cosi' tutto storto non riuscivo a fare forza, a quel punto Edo ha costruito ,visto che non l'avevamo,una chiave fissa con attacco girato e una prolunga per trasmettere il moto dall'esterno con il cricchetto. A questo punto il mio compito era solo quello di imboccare la chiave e tenerla in posizione, al resto provvedeva lui. Abbiamo iniziato a lavorare che erano le otto del mattino e io ricordo che abbiamo finito che era l'una e mezza di notte. Lo abbiamo tirato giù e rimontato otto volte e portato a vulcanizzare, pero' si rompeva sempre appena messo sotto pressione, era chiaro che non poteva tenere, cosi' alla fine il Dir ci ha fatto misurare la lunghezza del tubo riscontrando un eccedenza in lunghezza di una ventina di centimetri, a questo punto visto che la rottura era entro i 10 cm dall'attacco lo ha portato in officina e lo ha fatto tagliare e rimboccolare. E' andato tutto bene, ha tenuto e abbiamo continuato ad usare quel tubo accorciato per tutto il tempo che sono rimasto a bordo fino al mio congedo senza avere piu' guasti .A questo punto non vorrei dire ma mi sà che quello che quello che c'e' sul Bagnolini in disarmo se lo andate a misurare e' piu' corto di 10 cm. Ricordo che ero tanto stanco che mi sono addormentato in coperta all'aperto con la testa che spenzolava da una parte e i piedi dall'altra. Chi ha visto il Toti sà che la coperta e' tonda. Avevo appena chiuso gli occhi che ho sentito il comandante il seconda che mi chiamava per il posto di manovra ".Sergente!!!". "Sergente!!!". e poi stufo "Luciano!!! Ma dove cavolo sei sono le tre dobbiamo salpare il comandante ha gia' chiamato posto di manovra." Così ho risposto, mi sono arrampicato in plancia, ho messo la cuffia in testa e siamo salpati. Quando eravamo oltre la diga foranea, prima di immergerci, il Secondo mi ha poi detto in un orecchio, ma porca miseria Luciano cosa sei scemo, dormire cosi' in coperta, non lo sai che e' pieno di topi. Aveva ragione pero' ,che volete ,quando si ha sonno dicono che si possa dormire ovunque anche sui chiodi.
racconto di Luciano46 dal forum www.betasom.it
i motoristi del Toti
Un'altra Questa sipatica caricatura eseguita dall'allora furiere segretario del Toti. Questa volta le "vittime",sono i motoristi del sommergibile nel 1991
disegno inviato da Totiano dal forum www.sommergibili.com
Errori di calcolo
I classe Toti a mio avviso non erano solo più belli e compatti, ma sicuramente molto più efficenti, magari un poco più scomodi di quelli Tedeschi, ma ricordo che la cosa non dava grossi fastidi a nessuno, in quanto le missioni potevano durare al massimo 30gg. Il problema più grosso non era sicuramente la branda calda, ma la conservazione del pane, che tendeva a diventare raffermo. Ricordo di una gamella che ho fatto come sottufficiale addetto alla mensa. Per una missione di 15 giorni, ho cercato di risolvere il problema, acquistando 4 quintali e mezzo di panini al burro, che un panettiere di Spezia di origine Alessandrina aveva prodotto appositamente per noi, su mia richiesta. Fù un grosso insuccesso, ricordo che l'ultimo giorno siamo rimasti senza più pane. Ho bisticciato anche con un mio amico e collega per quel motivo. Ricordo che gli dicevo di aver cercato il meglio, e Lui mi ha risposto, che sicuramente quella era stata una buonissima idea, visto che fino all'ultimo i panini si erano conservati freschi, l'errore che avevo fatto era stato di valutazione, non avevo considerato, che molti tra noi erano ragazzi di 20 anni con una fame da Lupo, e dato che il pane e le mele erano semplicemente appoggiati sulle selle dei siluri, avevano continuato a sgranocchiare pane e mele. In effetti quel mio amico contestava solo il fatto che avessi sbagliato i calcoli, secondo Lui avrei dovuto aquistare almeno 6 quintali di pane, (mi diceva meglio averne in eccesso ed al limite poi buttarlo, piuttosto che rimanere senza), devo ammettere che aveva ragione. Comunque grazie a quel disguido, fortunatamente, non mi hanno più messo in lista per la gamella viveri, con mia grande soddisfazione.
racconto di Luciano46 dal forum www.betasom.it
Il Toti di legno
In occasione del carnevale, a Monfalcone, esce la Cantada: giornale di satira politica locale, di vecchi ricordi, di barzellette,ecc... E quasi tutto scritto in dialetto locale.
Da questo giornale,nella pagina dei ricordi, ho estratto un articolo anche questo scritto completamente in dialetto, che indegnamente ho cercato di tradurre.
Il “Toti” di legno
Avevano speso tanti, ma tanti di quei soldi che con solo la metà avrebbero potuto dar da mangiare a tutta Monfalcone. “Basta” aveva detto un dirigente “D’ora in poi si lavorerà a cottimo e non più in economia”. E’ stato in questo modo che il dirigente mi ha dato il benestare per incominciare i lavori del sottomarino di legno. Proprio un sottomarino vero, grande come un vero sottomarino di ferro. E così tutta l’officina falegnami a costruire i “componenti” ma nessuno capiva cosa erano questi componenti: erano tutti pezzi ,motore compreso, che dopo fatti erano portati in un grande capannone e messi insieme. Lo scafo, la torretta, periscopio, tubi, eliche, siluri, letti per dormire sopra i siluri, armadi, timoni, cabine, gabinetti, tutto ma proprio tutto di legno e in scala uno ad uno che vuol dire in grandezza naturale che come entravi dentro ti veniva voglia di metterlo in moto! Ore e ore di lavoro modifiche continue. L’unica cosa che mi ricordo bene è il quadro dei comandi che veniva cambiato di posto anche due volte al giorno: lo cambiava il disegnatore, lo cambiava il maresciallo, lo cambiava il capitano lo cambiava il colonnello, lo tornava a cambiare il disegnatore lo ritornava a cambiare... Insomma, fino a quando un bel giorno un bravo falegname si è stancato, ha preso un vaso di colla un po’ di chiodi e lo ha inchiodato bello fisso, e ha detto “ Adesso non lo cambia più nessuno!”. E là è rimasto! Una volta finito è stato segato in tre pezzi e, con una chiatta, è stato portato a Taranto alla scuola Marinai. Solo qualche tempo dopo abbiamo saputo che il sottomarino di ferro grande come quello di legno si sarebbe chiamato “E. TOTI. “
Questo per dire: Se a noi di Monfalcone non ci hanno dato quello vero di ferro, perchè non ci hanno dato almeno quello vero di legno????
racconto di Enzo47 da www.betasom.it
Durante il mio corso a Maricosom (estate '71) il Toti di legno era lì, purtroppo coperto da un grande telone e non visitabile per motivi di sicurezza. Era stato costruito proprio per studiare il "coordinamento" degli impianti, ovvero come riuscire a far stare quanto necessario nei poco spazio disponibile. Se non mi sbaglio a quei tempi non venivano fatti dei disegni degli impianti (tubi e ventilazioni), ma il il tutto veniva costruito linea per linea riservando le misure a bordo. Se il sistema funzionava per i mercantili per il Toti era praticamente impossibile. I piani coordinati si sono incominciati a fare qualche anno dopo, prima a mano e poi con il CAD.
racconto di auc65 da www.betasom.it