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Il sommergibile, come l'aereo, si muove su tre dimensioni: velocità (lunghezza), rotta (profondità) e quota (altezza).
Per realizzare questo movimento esso si serve dell'elica per creare la velocità e dei timoni per variare la rotta
e la quota.In particolare di tre coppie di timoni: i timoni verticali per variare la direzione o rotta e i timoni
orizzontali avanti e addietro per variare la quota.
Tutte e 3 le coppie sono mosse, ciascuna, da un pistone oleodinamico che viene comandato dalla timoneria
in camera manovra. In essa si possono distinguere quindi tre leve, una per ogni coppia di timoni appunto.
La leva verticale, che muoveva il timone verticale, era inoltre solidale ad una pedaliera per consentire ad un solo
operatore di governare il sommergibile. In realtà l'operazione, specie con mare mosso, diventava eccessivamente complessa
e di norma montavano di guardia 2 operatori: uno al timone verticale (i più giovani di bordo) e uno ai timoni orizzontali
(persone lungamente addestrate a questo compito)
Il timoniere verticale seguiva la rotta indicata dal ripetitore della girobussola ed aveva a disposizione un indice
indicante la posizione istantanea del timone, che muoveva per mezzo della leva.
Il timoniere orizzontale doveva mantenere la quota indicata dai manometri e l'inclinazione longitudinale del sommergibile,
indicata da un inclinometro o "bolla". Per queste operazioni generalmente impiegava i timoni avanti per variare la quota
e i timoni addietro per variare l'inclinazione. Per una variazione molto rapida in quota è ovviamente possibile
usare tutto il sommergibile come un timone, inclinandolo di tanti più gradi quanto più velocemente deve scendere o salire.
In caso di disimpegno, per esempio, le inclinazione del battello superavano i 35 gradi di bolla.
Se fosse andata in avaria la centrale oleodinamica ordinaria sarebbe stato possibile, dalla stessa timoneria, passare su una
seconda centrale, detta di emergenza. Questo avveniva con un commutatore elettrico sul quadro controllo timoneria e con dei
commutatori meccanici per smistare i circuiti dell'olio che erano situati sul fulcro delle leve della timoneria.
L'impianto oleodinamico
L'impianto oleodinamico può essere immaginato come i vasi sanguigni del corpo umano.
Una pompa mette in pressione dell'olio all'interno di un circuito che lo distribuisce verso gli utenti che devono
svolgere un determinato movimento. In genere il movimento è creato da un pistone oleodinamico a doppio effetto
ma ci sono anche dei motori idraulici.
Tra gli utenti mossi dai pistoni o "torchi" vi sono i timoni e le antenne, tra gli utenti mossi da un motorino
oleodinamico gli sfogli d'aria, il verricello del traffico siluri e l'argano di tonneggio e salpamento.
La potenza trasmessa con l'olio, essendo questo virtualmente incomprimibile, consente una ottima precisione nella esecuzione
del movimento e una maggiore affidabilità nell'ambiente marino rispetto ad un circuito elettrico con i relativi motori. E consente
questo movimento anche stando lontani: dalla camera manovra era ad esempio possibile muovere i timoni, le antenne, gli sfoghi aria.
In caso di avaria alla centrale oleodinamica ordinaria (pompe a cui erano asserviti tutti gli utenti) era possibile avviare
una pompa oleodinamica di emergenza che consentiva, però, solo il movimento dei timoni. Tutti gli altri utenti avevano in
dotazione una manovella per muovere direttamente l'utente o per mettere in pressione dell'olio tramite una piccola pompa.
La foto sottostante è uno scorcio della centrale oleodinamica ordinaria che si intravede dal portello di discesa
verso il locale ausiliari addietro.